malattie delle vetrine - dott.ssa Elsa Marchitelli Angiolgo

Questa definizione, apparentemente bizzarra, fu coniata verso la metà del secolo scorso da un illustre clinico siciliano che, la riferì alla necessità dei pazienti con angina pectoris di fermarsi all’insorgenza del dolore cardiaco, simulando un improvviso interesse per le vetrine incontrate lungo il loro percorso.
A spasmo coronarico scomparso, di solito dopo pochi minuti, i soggetti riprendevano il cammino, casomai fino… alla vetrina successiva.
Questo peculiare comportamento è oggi praticamente scomparso tra i cardiopatici, grazie alla precocità della diagnosi e ai mezzi terapeutici a disposizione.
Ne sono eredi altri soggetti, affetti da una patologia per certi versi affine, l’arteriopatia obliterante degli arti inferiori.

Cause

Come per il circolo coronarico, anche nelle arterie degli arti inferiori possono formarsi lesioni parietali, i cosiddetti ateromi, formati da colesterolo, piastrine, detriti cellulari, ecc. che, tendendo ad accrescersi progressivamente danno origine a placche localizzate in una o più arterie, finendo per ridurre fortemente o addirittura occludendo il lume del vaso.
La conseguenza di questo fenomeno è la riduzione del flusso sanguigno diretto ai territori distali e quindi il minor apporto di ossigeno e di nutrienti ai tessuti.
La causa più frequente della malattia è l’arteriosclerosi, ma alcuni importanti fattori di rischio possono concorrere alla sua insorgenza e al suo decorso. Oltre all’ipercolesterolemia, sono implicati il diabete, il fumo, la familiarità per malattie circolatorie e l’età avanzata.

Sintomi

La malattia viene comunemente divisa in 4 stadi clinici, dal 1°, asintomatico, che corrisponde alla formazione delle placche non ancora operanti sintomatologicamente, al 4°, in cui sono presenti lesioni di varia entità ed estensione che possono condurre all’amputazione dell’arto.
L’arteriopatia si rende in genere evidente al 2° stadio, quello della cosiddetta claudicatio intermittens, una sorta di zoppia intermittente causata da un dolore crampiforme di solto localizzato al polpaccio che insorge durante la deambulazione.
E’ il momento della verità: il poco sangue che arriva e che basta in condizioni di riposo, diventa insufficiente al momento della più semplice attività dell’uomo, quella del camminare.
L’ insorgenza del dolore può avvenire dopo pochi passi o dopo tratti più lunghi e costringe il soggetto a fermarsi, proprio come per visionare la merce esposta in una vetrina. Il recupero avviene di solito dopo pochi minuti, tanto più precocemente quanto più precoce è stata la sosta. Ciò dipende dalla minore quantità di acido lattico accumulato nel muscolo, costretto a lavorare in regime povero di ossigeno per il minor apporto di sangue. Percorsi accidentati o in salita, richiedendo un maggior apporto ematico, rendono più precoce l’insorgenza del sintomo e più lunghi i tempi di recupero.
Più raramente la sede del dolore può riguardare i muscoli della coscia o dell’anca, poiché le lesioni che ne sono alla base si localizzano nella maggior parte dei casi a livello dell’arteria femorale, deputata all’irrorazione dei muscoli della gamba.

Diagnosi

Come sempre in clinica, una anamnesi ben condotta orienta la diagnosi ancora prima dell’esame fisico. Ciò risulta ancora più vero per questa patologia, in cui il sintomo principale, l’andatura intermittente, è patognomonico dell’arteriopatia obliterante. In pochissime altre condizioni, come nella stenosi del canale vertebrale, il paziente è costretto a fermarsi dopo pochi minuti, ma in questi casi il recupero è spesso tardivo o assente e la sede del dolore più prossimale.
La ricerca dei polsi periferici con la semplice palpazione è il primo gesto da compiere dopo la raccolta dei dati anamnestici: la mancata percezione del polso femorale, popliteo o tibiale nelle comuni sedi di repere può convalidare il sospetto diagnostico, specie se accompagnata da una sia pur lieve riduzione della temperatura cutanea e dal minor sviluppo del sistema pilifero.
I mezzi strumentali a base di ultrasuoni hanno notevolmente abbreviato l’iter diagnostico: l’esplorazione con Doppler, la possibilità di rilevare con una piccola sonda la pressione a livello dell’arteria tibiale posteriore e di rapportarla con la pressione sistemica (il cosiddetto indice di Winsor) è il gesto preliminare. L’eco-color-doppler preciserà la sede e la tipologia delle lesioni, definendo il più delle volte il tipo di terapia consigliato. TAC o angio RM potranno essere necessari per completare il percorso diagnostico, specie in prospettiva di un intervento chirurgico.

Terapia

La correzione dei fattori di rischio è il preliminare necessario ad ogni terapia: un corretto stile di vita, volto soprattutto a sane abitudini alimentari e al movimento attivo, quest’ultimo effettuato secondo precise regole che prevengano l’insorgenza del dolore, si assoceranno ad eventuali terapie mirate a correggere alterazioni metaboliche (diabete, ipercolesterolemia, ), ipertensione, sovrappeso, ecc.
La cessazione del fumo deve essere caldamente e ripetutamente consigliata.
I più comuni farmaci, oltre a quelli indirizzati alle suddette condizioni, sono diretti a ridurre la densità del sangue e la tendenza delle cellule ematiche ad aggregarsi e a depositarsi sulle pareti dei vasi. Verranno quindi di solito prescritti antiaggreganti piastrinici, dalla comune aspirina a preparati di più recente introduzione. Nuove molecole da poco introdotte in Italia, possono ridurre il sintomo claudicatio, specie se associate a programmi di training condotte in centri idonei e mirati alla rieducazione motoria del soggetto.

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