chirurgo vascolare utilizza un nuovo stent nella chirurgia carotidea

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Antonio Lorido - MioDottore.it

Il restringimento del lume (stenosi) della carotide può essere causa di ictus cerebrale. Il meccanismo fisiopatologico con cui questo deficit neurologico si verifica riconosce o una genesi emodinamica (apporto ridotto di sangue al cervello) o embolica (la placca arteriosclerotica causa della stenosi si frammenta ed occlude i piccoli vasi cerebrali).
Da oltre 15 anni si è affermata, come metodica alternativa alla chirurgia carotidea tradizionale, il trattamento endovascolare con il quale, il chirurgo vascolare, mediante l’utilizzo di stent ripristina la fisiologica pervietà del vaso cerebrale trattato. Lo stent infatti, costituito da un cilindro metallico (v foto) i cui filamenti sono intrecciati a formare una rete molto sottile, esercita, una volta rilasciato, una pressione tale sulla placca arteriosclerotica da schiacciarla alla parete dell’arteria ristabilendone il flusso.
Uno dei limiti della metodica però, è da sempre rappresentato dalla possibile microembolizzazione di minime particelle della placca attraverso le maglie dello stent, determinando eventi neurologici a volte molto gravi. Sebbene vengano utilizzati meccanismi per la prevenzione di tali eventi, i cosiddetti filtri per protezione cerebrale, in grado di ridurre il fenomeno dell’embolizzazione, questo non è però azzerato, rappresentando la complicanza più grave della metodica.

Ora il chirurgo vascolare utilizza dei nuovi e migliori stent

In questi ultimissimi anni sono stati introdotti degli stent la cui struttura è stata ideata al fine di ridurre sensibilmente la probabilità che un piccolo frammento di placca si stacchi e venga liberato nel circolo cerebrale. Si tratta di stent composti da due strati di maglie metalliche (double layer micromesh), uno esterno a maglie più larghe ed uno interno ad intreccio più fitto.
Questa nuova “impalcatura” rappresenta un’importante novità nel trattamento delle stenosi carotidee per via endovascolare; consente infatti al chirurgo vascolare di incarcerare all’interno dello stent gli eventuali emboli causati dalla frammentazione della placca sia durante l’atto chirurgico, che, come avviene in alcuni casi, a distanza di ore dalla procedura. I recenti studi pubblicati sulla metodica (Cardiovasc Intervent Radiol. 2016 Nov;39(11):1541-1549) dimostrano l’efficacia e la sicurezza di questi materiali di ultima generazione, testimoniando il più basso tasso di complicanze neurologiche rispetto ai materiali utilizzati in precedenza.

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